La vicenda che la Cina vuole dimenticare
(Qui c’è la parte 1)
L’occupazione di Piazza Tienanmen
Visto che il governo centrale cinese non si degna di dare una risposta, né di trovare una soluzione, i manifestanti provano il tutto e per tutto: diciamo una specie di azione di forza. Il 13 maggio 1989, 2000 studenti si insediano in piazza Tienanmen e manifestano il loro pensiero con striscioni e dichiarazioni. Il messaggio arriva forte chiaro: «non potete ignorarci ancora, perché noi accusiamo il Partito Comunista Cinese di corruzione e conservatorismo, e il mondo ci sta guardando».
Nel giro di pochi giorni la piazza si trasforma in una baraccopoli, dove liberi pensatori e giovani intonano canti speranzosi, ma dall’esterno Tienanmen sembra un ammasso disordinato di rifiuti, come un campeggio incustodito che i cittadini occupano in nome di una battaglia che stanno perdendo. Alla fine di maggio gli studenti dell’Accademia Centrale delle Belle arti innalzano al centro della piazza, proprio di fronte all’immagine di Mao Zedong, una statua di 10 metri chiamata Dea della Democrazia. È un pezzo d’arte in verità di rara bruttezza, costruito con polistirolo e cartapesta, ma diviene subito un simbolo che rincuora l’animo dei manifestanti, ed elargisce entusiasmo a tutti quelli che vedevano in quell’occupazione l’ultimo disperato tentativo per un popolo di essere ascoltato.
Le proteste riprendono, a gran voce, nei giorni seguenti, e arrivano fino allo sciopero della fame. La protesta assume quindi un carattere decisamente vasto e popolare, e i dirigenti cinesi si trovano di fronte a un problema gravissimo: i giovani in piazza si lasciano morire di fame pur di non rinunciare alla lotta, il PCC ancora fa muro, e il mondo sta ancora guardando. Un pensiero terrificante attraversa le menti della classe dirigente: ragazzi, qui ci si gioca il prestigio internazionale. Venne di fatto data una scadenza per risolvere la questione, ma i dirigenti del Partito non riescono a trovare una soluzione di comune accordo. C’è chi dice «ascoltiamoli» e chi pensa che devono morire tutti. Di fronte all’immobilismo del PCC, che forse aspetta ordini dall’alto senza aver capito di essere lui stesso al timone di una barca alla deriva, Deng Xiaoping prende una decisione. Ed è la decisione che cambia tutto. Insieme ai suoi anziani ma fedelissimi collaboratori scelti, decidono la via della repressione. Il 19 maggio Xiaoping promulga la legge marziale1
L’unico a votare contro questa legge è Zhao Ziyang che, in totale rotta di collisione con il PCC, sfida apertamente i suoi colleghi, presentandosi in piazza, fra gli studenti, per convincerli a terminare l’occupazione. Ziyang viene ovviamente poi rimosso da ogni carica politica, picchiato e condannato agli arresti domiciliari a vita, ma ciò che dice ai giovani deperiti rimane per sempre nella storia, e io ve ne riporto i momenti più emozionanti:
“Studenti, siamo arrivati troppo tardi. Ci dispiace. La ragione per la quale sono venuto qui non è chiedervi di perdonarci. Tutto ciò che voglio dire è che voi studenti state diventando molto deboli, è il settimo giorno da quando avete iniziato lo sciopero della fame, […] non potete continuare così. Lo so, il vostro sciopero mira alla speranza che il Partito e il Governo vi daranno una risposta soddisfacente. […] Voi non siete come noi, noi siamo già vecchi, per noi non è più importante.Adesso voi siete tutti più o meno sulla ventina, e volete sacrificare le vostre vite così facilmente? Il Partito e la nazione sono nervosi, l’intera società è molto preoccupata. Se fate finire lo sciopero della fame, il Governo non chiuderà la porta del dialogo, mai! Anche noi siamo stati giovani, abbiamo protestato, ci siamo stesi sui binari della ferrovia, non abbiamo mai pensato a cosa sarebbe successo. […] Infine, prego gli studenti ancora una volta, pensate al futuro con calma. Ci sono molte cose che possono essere risolte.”
Le sue parole sono molto belle, e vengono accolte fra lacrime di gioia e gridi di speranza. Ma nulla possono per cambiare l’opinione dei manifestanti: nessuno torna a casa e le proteste continuano.
(Qui c’è la parte 3)
- Nota bene: la legge marziale sospende tutte le leggi in vigore in uno Stato e i tribunali militari prendono temporaneamente controllo della giustizia. Una legge marziale in Cina era già stata promulgata, ma una volta sola, nella fredda e lontana regione del Tibet. Qui si trattava, invece, di dichiararla a Pechino, Capitale di Stato. ↩︎