In Afghanistan il disastro era chiaro già vent’anni fa. Un Paese prigioniero, inghiottito dentro una palla di cristallo dalle tinte sanguinarie. Ogni profezia si è infine avverata
Vi ricordate il romanzo Mille Splendidi Soli? È il secondo libro di Khlaed Hosseini, già autore de Il Cacciatore di Aquiloni. Ecco, Hosseini è un autore che ha influenzato particolarmente la nostra generazione (quella dei Millennials). La sua scrittura, tanto romanzesca quanto cruda nei temi che affronta, racconta di una popolazione, in particolar modo di giovani e di donne, dalle vite difficili, a tratti drammatiche e spesso profondamente ingiuste. È il popolo afgano.
Qualche importante premessa
Ora, prima di raccontarvi per filo e per segno la storia dell’Afghanistan, è necessario che io premetta il motivo per cui decido di affrontare questo lungo e complesso argomento. Ciò che è accaduto nell’estate di due anni fa, con l’abbandono veloce da parte dell’esercito statunitense del territorio afgano e l’altrettanto velocissima “riconquista” da parte dei talebani, non è che la punta dell’iceberg di una vicenda che inizia molto prima, e di una guerra che era già un disastro dichiarato circa vent’anni fa. Come spesso accade sulle vicende strazianti che avvengono in una parte del mondo lontanissima da noi per geografia e tradizioni, la stampa internazionale (soprattutto europea) è stata attentissima alle vicende afgane dell’estate 2021 fino a che l’hype non è sceso per fare spazio ad altre notizie, in quel caso sul Coronavirus. Ma la vita in Afghanistan ha continuato ad andare avanti, o meglio, è precipitata rapidamente e, anche senza la stampa internazionale sugli spalti, è finita in fondo a un baratro. Di nuovo.
Qui però bisogna partire dal principio, e il principio di questa storia è più lontano del 2021: inizia molto prima dell’arrivo degli Stati Uniti in Afghanistan (2001). Dobbiamo tornare indietro, prima che l’Unione Sovietica entrasse in terra afgana e ancor prima che La Repubblica Democratica d’Afghanistan fosse ostacolata dalle forze religiose della regione. Questo sarà un articolo lungo, perché è necessario partire dall’età medievale, quando imperi, califfati e regni dinastici dipingevano l’Afghanistan come il paesaggio da Mille e Una Notte. Ma, come vedremo, c’è ben poco di magico in questa storia. Siete pronti? Incominciamo.
Cos’è l’Afghanistan, e cos’era
Per poter parlare dell’Afghanistan oggi, bisogna capire l’Afghanistan di allora. Ma quando comincia questo “allora”? Difficile dirlo. Vi ricordate “Così parlò Zarathustra”, il libro di Nietzsche? Ecco, anche se non lo aveste letto, non importa, i libri di Nietzsche sono densi e difficili, nemmeno io li ho letti tutti. Vi basti sapere che questo libro ruota attorno alla figura mitologica di Zarathustra. Egli non era un personaggio dal nome fittizio, o meglio: non era un personaggio casuale che Nietzsche aveva chiamato così perché era in vena di fiction. Zarathrusta è l’antico profeta fondatore dello zoroastrismo, religione basata sulla contrapposizione tra bene e male. Si ipotizza che questa religione abbia avuto origine proprio nelle valli afgane, prima dell’800 a.C. Un sacco di tempo fa. Tutto ciò per dirvi che già all’epoca, l’Afghanistan, che non si chiamava affatto così, era una terra divisa fra culture, religioni ed etnie diverse. Nel corso del tempo si sono avvicendati nella regione i buddisti, gli induisti, i regni ellenistici (Alessandro Magno arrivò in Afghanistan e anche oltre, do you remember?), e poi sono arrivati gli Unni e le tribù euroasiatiche. Insomma, più di duemila anni fa in Afghanistan la popolazione era simile a quella di una scatola di cioccolatini natalizi: difficile trovarne due identici. Poi, dopo l’Egira (cioè dal 622 d.C. in poi), è stata la volta degli Arabi musulmani.
Comincio a procedere più velocemente perché non voglio annoiare. Diciamo che a un certo punto nasce il califfato arabo-islamico, la forma di governo monarchico che nel giro di poco tempo converte all’Islam gran parte della popolazione, per quanto essa fosse molto variegata. La prima vera guerra che il califfato deve sostenere è contro l’invasione di Gengis Khan, il condottiero mongolo reso famoso nei secoli da leggende e miti. Su questa vicenda bisogna sapere due cose: la prima è che gli storici moderni sono divisi sulla figura di Khan, c’è chi dice che fosse visto come un liberatore, un modernizzatore della vita e un condottiero fenomenale, chi invece lo interpreta come un usurpatore, un feroce assassino e un conquistatore senza scrupoli. La seconda cosa da sapere è che, effettivamente, Gengis Khan ha afflitto il mondo islamico per circa un secolo.
Da allora si sono susseguite, almeno fino all’Ottocento, tutta una serie di dinastie, regni ed emirati i cui nomi non sto ad elencare, primo perché non li conosco bene, e secondo perché per poterveli raccontare dovrei studiarli, approfondirli e infine scrivere un articolo a parte per ognuno di essi. E non mi sembra il caso, visto che state tutti aspettando di arrivare al clou della vicenda. Ma ci sono ancora diversi passaggi da affrontare, e dovrete armarvi di pazienza.