Operazione Condor – dittatura fa rima con tortura Pt.1

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Questa è una storia intessuta nel sangue di migliaia di storie, tutte avvenute e mai raccontate. È un articolo faticoso da scrivere e da leggere, ma bisogna scriverlo e bisogna leggerlo. Spiega come sei dittature, con un numero imprecisato di polizie nazionali e servizi segreti, abbinmo massacro intere generazioni di cittadini. E segnato forse per sempre l’America Latina.

È la mattina del 22 dicembre 1992 e ad Asunciòn, capitale del Paraguay, fa un caldo torrido. L’avvocato Martìn Almada e il giudice José Fernández camminano nervosamente di fronte alla porta blindata di un’anonima e periferica stazione di polizia. Insieme a pochi agenti, scardinano la serratura di una porta che era stata celata al mondo per più di vent’anni. Dentro, intrisi di un odore fra la muffa e la paura, trovano cinque tonnellate di documenti secretati. Documenti, immagini e descrizioni minuziose di come, negli anni ’70, sei dittature militari sudamericane hanno collaborato per imprigionare più di 450mila persone, e torturarne e ucciderne altre 60mila. Almada e Fernandez hanno aperto, così come verranno chiamati negli anni a venire, gli “Archivi del Terrore” dell’Operazione Condor.

Cari Millennial, se di questa storia non sapete nulla non è perché non siete stati attenti a scuola, o perché non vi informate abbastanza. Dell’Operazione Condor nessuno sapeva granché prima del 1992 e dopo quella data, anche chi sapeva, preferiva non parlare. Si tratta di una storia, anzi, di centinaia di migliaia di storie, che non conosceremo mai fino in fondo. Un po’ perché chi le ha vissute è morto, un po’ perché c’è sempre una generale reticenza nel raccontare le pagine più atroci dell’umanità. Io però ve la racconto, questa immensa macchina del terrore, non perché l’orrido e il macabro mi attraggano profondamente, ma perché dal 1992 sono passati esattamente poco più di trent’anni, e sento io stessa d’essere già tragicamente in ritardo sulla tabella di cose che avrei dovuto sapere ma che ho imparato solo negli ultimi anni.

Cominciamo con questo film dell’orrore, ok?

L’Operazione Condor, così come la trovate su Wikipedia, altro non è che un nome gagliardo dato – dai servizi segreti nordamericani (la CIA), dal Presidente Richard Nixon e dal Segretario di Stato Henry Kissinger – a una massiccia operazione di politica estera statunitense. Detta così, a noi abituati alla politica come negoziato, ovvero a trattative internazionali fatte di scartoffie, trattati e dichiarazioni, l’Operazione Condor fa venire in mente solo una montagna di faldoni che si muovono per il globo terracqueo, di burocrati che stringono mani e fanno le foto opportunità davanti alle telecamere. E invece no.

Questa volta è diverso. L’Operazione Condor non è stata nulla di tutto ciò. Si è trattato, invece, di una grande macchina repressiva messa in moto negli States ed esportata in alcuni Paesi del Sud America, pensata per tenere a bada l’influenza socialista e comunista dove era ritenuta troppo potente e troppo condivisa dalla popolazione. Se non funzionava l’opera preventiva, scattava quella repressiva: annientare le opposizioni “forti” e sostituirle con i governi-fantoccio, cioè amici, oppure rovesciare governi sgraditi.

Le nazioni che hanno subito l’Operazione Condor sono state il Cile, l’Argentina, la Bolivia, il Perù, il Brasile, l’Uruguay e il Paraguay. Tombola, come si dice. Praticamente tutto il Sud America. Ora, lungi da me scrivere un articolo anti-americano, ma mi trovo costretta a sottolineare un fatto increscioso: dopo la crisi missilistica di Cuba (1962), gli Stati Uniti d’America avevano adottato un modus operandi che rispondeva a un criterio piuttosto psicotico, se si può ricorrere a categorie che non sono proprie della politica. Cosa pensavano, di fatto? Che nel loro “cortile di casa” poteva starci solo la servitù, proprio come succede nelle ville padronali. Detto in altre parole: tutti gli Stati e i territori vicini agli Usa erano nella loro area di influenza, come in una specie di Super Jalta (oddio, forse non sapete cosa c’entra Jalta, ok, una prossima volta lo spiego). Insomma dovevano essere, chi più chi meno, subordinati alla potenza statunitense e, senza eccezione alcuna, considerati come territorio di prossimità destinato alla diretta osservanza filoamericana, giammai sospettabile di equidistanze e men che meno autonomia.

Per estensione, ne possiamo dedurre che niente di ciò che accadeva o che sarebbe accaduto negli anni ’70 in Sud America poteva essere sconosciuto agli americani yankee. L’Operazione Condor è stata sì recepita in ogni sua forma dalle dittature sudamericane e dai rispettivi servizi segreti nazionali, ma rimarrà sempre una vicenda politica voluta, finanziata e controllata dagli Stati Uniti. Questo dev’essere chiaro e, per quanto mi dispiaccia, è fondamentale riconoscere che la Casa Bianca teneva sotto lente d’ingrandimento il suo “cortile di casa”, essendo l’epicentro nonché il commando direttivo di tutto ciò che accadde.

Ma cosa accadde dunque durante l’Operazione Condor?

L’origine dell’operazione è piuttosto incerta. Come tutte le faccende coperte da segreto ha avuto caratteristiche da spy story e non si sa bene quando sia iniziata. Storici, ricercatori e un paio di magistrature nazionali individuano come start un giorno del febbraio 1974, quando alcuni elementi centrali delle polizie segrete di Argentina, Uruguay, Paraguay, Bolivia e Cile si sono incontrati a Santiago del Cile (quindi un anno dopo il golpe che avevo destituito e ucciso Salvador Allende). Fra le figure di spicco di questa tavola rotonda sedevano Manuel Contreras, capo dei servizi segreti DINA di Pinochet e Breno Borges, l’allora generale brasiliano rimasto poi famoso nella storia per la crudeltà con cui caricava le folle. Fonti non certe sostengono che anche Nixon presenziasse all’allegra tavolata, un Nixon già allo sbando per lo scandalo Watergate che da lì a pochi mesi lo avrebbe obbligato alle dimissioni. Se anche così non fosse, sarei comunque certa che il governo di Washington non solo sapeva benissimo dell’incontro, ma lo aveva addirittura promosso.

Quella riunione del febbraio viene considerata molto importante perché gli obiettivi dell’Operazione Condor venivano messi nero su bianco proprio in quell’occasione. Quali erano, direte voi? Giusto, fra poco li elenco. Ma prima è necessario che io vi dia un po’ di contesto storico-politico. Niente di noioso, lo giuro.

Una carrellata per inquadrare la situa nel Sud America

Nel 1954 in Paraguay Alfredo Stroessner, appena salito al potere, abolisce la Costituzione. Il suo paese diventa il rifugio per gli esuli nazisti, tra cui il dottor Mengele, e la sua vicinanza con i valori e le convinzioni del Terzo Reich fanno apparire il suo governo sui giornali di tutto il mondo come “il regime nazista dei poveri”.

Dieci anni dopo, nel 1964, in Brasile, le forze armate brasiliane rovesciano il governo democratico di Joao Goulart. Sale al suo posto Humberto de Alencar Castelo Branco -che inaugura un ventennio di dittature autoritarie militari chiamate regimi dei Gorillas– e, pochi mesi dopo, Goulart viene ucciso da agenti occulti dell’Operazione Condor (fonte non certa, ma mi permetterei di considerarla piuttosto veritiera).

Nel 1971 Hugo Banzer prende il potere in Bolivia. Anche qui poco da dire: Banzer è un dittatore che fa uccidere il suo predecessore, e che governa con pugno di ferro. Per i crimini commessi durante la sua dittatura non ha mai pagato alcun conto, ed è forse l’unico dittatore dell’epoca dell’Operazione Condor a non essere mai processato da alcuna magistratura per le malfatte commesse.

 Nel 1973, in Cile, Augusto Pinochet attua un golpe militare e rovescia il governo socialista di Unidad Popular.

Infine, nel 1976, Jorge Videla sale al potere in Argentina. Fra tutte le dittature, quella di Videla è forse la peggiore. Fascisti proprio, eh. Avete mai sentito parlare delle “madri di Plaza de Mayo”? È stata un’associazione di madri di ragazze e ragazzi (ma anche adulti),“desaparecidos”, ossia rapiti, torturati, uccisi e fatti sparire durante la dittatura militare in Argentina tra il 1976 e il 1983. Non so se avrò animo di raccontare questa storia, è davvero straziante. Per il momento vi consiglio un libro, “Aparecida”, lo ha scritto Marta Dillon, che è una conduttrice televisiva argentina. La “aparecida” del libro è sua mamma, lei era una bambina quando glie l’hanno portata via, e molti anni dopo l’ha ritrovata sotto forma di ossa sepolte.

Dato il contesto, non vi è difficile immaginare perché l’Operazione Condor non ha avuto difficoltà, né teoriche né operative: erano tutti d’accordo. Il killeraggio era contro ogni sorta di opposizione politica, sociale e umana. Migliaia e migliaia di persone sono state sequestrate, torturate e uccise. Giornalisti, intellettuali, professori, studenti, operai, lavoratori, liberi professionisti, funzionari, omosessuali, artigiani, camionisti, sindacalisti, famiglie intere (e i bambini, se molto piccoli, venivano affidati a “genitori” amici delle dittature, tornerò poco più avanti con un ulteriore elemento, tragico, sulla questione bambini).

(Qui c’è la parte 2)