Per me, si chiamerà sempre “Birmania” Pt.2

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La situazione in Birmania spiegata ai millennial, da una millennial

(Qui c’è la parte 1)

Come è avvenuto il colpo di stato

Il colpo di stato in Birmania è avvenuto per una molteplicità di rancori che coinvolgono i militari del partito USPD (Partito per solidarietà e sviluppo dell’Unione) e lo storico partito San Suu Kyi.  La vittoria di San Suu Kyi alle elezioni per il nuovo parlamento scatena le contestazioni per presunti brogli e la situazione passa da tesa ad incandescente nel giro di pochi giorni. Sommosse, guerriglie e sparatorie. Il giorno in cui il nuovo Parlamento si riunisce, i militari, mossi da Min Aung Hlaing, impediscono ai parlamentari di raggiungere la sede, si radicano all’interno del palazzo parlamentare e arrestano i rappresentanti di NLD.

Chi è Min Aung Hlaing

A guidare questa insurrezione è un personaggio già noto nella storia del paese. Il generale Min Aung Hlaing, capo dalle forze armate da un decennio, ha dei retroscena molto inquietanti nella sua carriera. Dagli anni ‘70 è il principale fautore della guerra contro le minoranze etniche in Birmania. Il suo nome è divenuto tristemente celebre in seguito alla strategia sadicamente nota come “i quattro tagli”: isolamento dei ribelli attraverso il mancato rifornimento di cibo, soldi, informazioni e sostegno. A fine Gennaio 2021, durante una videoconferenza, il generale Hlaing si è reso protagonista di una proposta che aveva fatto sorridere i suoi avversarsi politici. Aveva dichiarato la sua volontà di abolire la Costituzione in Birmania… solo alcune settimane dopo, l’ipotesi è diventata realtà. Difatti il generale, ad Agosto, si è autoproclamato primo ministro.

L’inizio delle proteste e il repentino crollo delle certezze in Birmania

Intanto le manifestazioni diventano sempre più grandi e violente. Negli scontri del 28 Febbraio muoiono 18 persone. I medici che scioperano contro il nuovo governo rientrano in servizio per medicare decine di civili feriti. Il paese è interamente bloccato e anche la giunta militare rimane paralizzata in un potere che per ora, per fortuna, non può esercitare. Il nuovo governo, formato da 11 ufficiali dell’esercito, ha promesso nuove elezioni ma c’è naturalmente chi nutre seri dubbi riguardo le volontà democratiche del generale. Nonostante il processo di democratizzazione degli ultimi trent’anni (che in realtà nemmeno sotto Aung San Suu Kyi aveva fatto grandi passi in avanti) i militari non si sono mai fatti indietro riguardo le vicende politiche e influivano ancora moltissimo nella vita sociale del paese ben prima del colpo di stato.

L’unico impegno in cui il governo pone tutte le sue attenzioni è la repressione di migliaia di manifestanti, con ronde notturne, cariche e blitz. Da Yangon a Mandalay i cittadini si muniscono di elmetti e maschere anti gas, fra le strade si costruiscono barricate. Gli scontri notturni con la polizia procedono a spari, arresti e sparizioni sospette. Nei mesi passati la giunta militare ha sospeso 125mila insegnanti che protestavano e, insieme a loro, anche 20mila dipendenti universitari. Questo movimento di disobbedienza civile (così l’esercito birmano definisce le manifestazioni) altro non è che libera volontà di non sottostare a una dittatura.

(Qui c’è la parte 3)