Per me, si chiamerà per sempre “Birmania” Pt.3

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La situazione in Birmania spiegata ai millennial, da una millennial

(Qui c’è la parte 1 e la parte 2)

I morti, la lotta armata, il processo di Suu Kyi

Il 27 Marzo 2021 è stato il giorno più sanguinoso dal colpo di stato. Non ci sono conteggi ufficiali dei morti, ma secondo la stima di Myanmar Now, sarebbero almeno 114 in tutto il paese. Da allora, la situazione è precipitata in un baratro senza possibilità di risalita. I morti in Birmania, solamente a Maggio, sono saliti a 800. A nulla sono servite le sanzioni dell’Unione Europea contro la nuova dittatura militare. Alla fine della primavera le persone muoiono sotto i colpi da arma da fuoco. Le manifestazioni diventano guerriglia urbana.

Sempre a Maggio, San Suu Kyi ha fatto la sua prima apparizione in pubblico dopo il colpo di stato. Le immagini la ritraggono in buona salute, provata ma sorridente. Il processo contro di lei era iniziato quasi immediatamente dopo il colpo di stato. Le accuse, apparentemente fittizie, vanno dall’appropriazione di denaro illecito all’uso improprio spazi pubblici. Il paradosso di questo processo è che ogni cavillo sembra buono per associare alla figura di Kyi frodi e brogli, mentre invece il suo silenzio-assenso riguardo la persecuzione dei Rohinya durante gli anni del governo non è mai stato neanche menzionato. Persecuzione, comunque, messa in atto dagli stessi militari che ora hanno il potere in Birmania.

Le ultime notizie sulla Birmania

A settembre 2021 i politici fedeli a Kyi hanno intimato la popolazione, attraverso un video su Facebook, a ribellarsi alla dittatura militare. Quindi la cittadinanza, in gruppi sempre più organizzati, è diventata un vero e proprio nucleo di resistenza armata. Ad oggi, il gruppo più importante è la Forza di Difesa del Popolo, ormai braccio destro e armato dell’ex governo legittimo. I gruppi di resistenza hanno ricevuto sostegno e munizioni. Denaro e armi sono donate da diverse organizzazioni armate di base religiosa o etnica. Anche qui, quali associazioni religiose posseggo così tante munizioni da poter armare centinaia di civili, resta un fatto avvolto dal mistero. Fino ad ora più di mille persone sono state uccise negli scontri e in migliaia sono state arrestate o risultano disperse.

La situazione viene aggravata dalla naturale scarsità di notizie, in quanto moltissimi quotidiani di breaking news sono forzati a chiudere. Le informazioni che giungono continuano ad essere spaventose, ma molto lacunose e passate sottobanco nel terrore di ripercussioni da parte del regime militare. Quel che è certo è che la vita in Birmania è stata stravolta in poco meno di un anno e la fine di questa crisi – ormai umanitaria – non è affatto vicina.

Perchè ci riguarda?

Nel caso a qualcuno venisse in mente di dire: e a noi…? Ce ne frega, ce ne frega. Ci riguarda. È una vicenda non ancora finita, che va avanti di fronte alla rassegnazione e indifferenza di tutto il mondo. Possiamo anche voltarci da un’altra parte, e continuare a pensare: ma tanto si sa che in Cina non c’è libertà. Come però cantava De André: «Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti»